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Il racconto della Torah si apre con la narrazione di un omicidio, segno della violenza ontologica radicata nell'uomo. Caino e Abele hanno il compito di rappresentare ciò che vi è di più universale nella natura umana. L'Autore mostra come alcune tradizioni interpretative abbiano favorito una lettura tipologica e ideologica in cui i due fratelli sarebbero la prefigurazione di un antagonismo eterno tra ebraismo e cristianesimo. Ma un'attenta analisi di altre tradizioni esegetiche rivela come il racconto della Genesi sia più complesso di quanto sembri e sia imperniato su un dialogo tra i due fratelli abbozzato dal primo, neppure tentato dal secondo. Abele, che tutti aspiriamo a incarnare, è anche colui che non si è mai interessato di suo fratello. La domanda del dialogo deve essere posta all'Abele che è in noi, perché è lui che, nonostante le sue presunte virtù, non rivolge uno sguardo a suo fratello. L'impellente interrogativo «Dov'è Caino, tuo fratello?» può, quindi, riassumere lo spirito del percorso che qui si propone, provando a far dialogare due tradizioni esegetiche, ognuna delle quali ambisce ad essere la discendenza di Abele.